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Quando all'inizio del 2020 scoppiò la pandemia, milioni di professionisti si chiesero come avrebbero fatto a lavorare da casa. Oggi le cose sono cambiate: ora milioni di professionisti si chiedono come affronteranno il ritorno in ufficio.
Prima di etichettarla come “Rivoluzione del lo smart working” serve cautela. Non tutti vogliono lavorare da casa e molte aziende credono nel lavoro d’ufficio e negli altri luoghi di lavoro condivisi, ritenendo che favoriscano la collaborazione e lo spirito di squadra. Allo stesso modo, il sogno di trasferirsi in qualche luogo panoramico con un computer portatile e una connessione internet è solo una delle tante aspirazioni. Molti professionisti sono felici dove sono, mentre coloro che pensano di lavorare da una sede diversa da quella aziendale hanno diverse ragioni per volerlo fare.
Per esaminare la questione in maniera più approfondita, abbiamo intervistato 7500 professionisti in tutta Europa da metà marzo a metà maggio per approfondire come stanno cambiando le aspettative di lavoro e lo stile di vita nella nuova normalità.
Se la possibilità di dislocazione di un professionista dipende dalla sua capacità di lavorare a distanza, il nostro sondaggio ha buone notizie per chiunque ci sta pensando. Più di 8 su 10 degli intervistati credono di poter svolgere i loro compiti o adempiere alle proprie responsabilità da remoto. Da parte loro, sembra che i datori di lavoro si trovino bene a lavorare con il proprio personale distribuito fuori sede con il 58% degli intervistati che segnala un'impennata nel numero di posti pubblicizzati dove il lavoro a distanza è parte del pacchetto.
Alla domanda se il telelavoro ha un impatto su stipendi e benefici, una netta maggioranza (62%) risponde di sì. Di questi intervistati, il 31% prevede che gli smart worker riceveranno vantaggi mirati come l’internet provider e i sussidi per l’energia elettrica. Il restante 31% vede il bicchiere mezzo vuoto, evidenziando i vantaggi e i benefici che i lavoratori a domicilio perderebbero, come i buoni pasto e le auto aziendali.
In che modo l'esplosione delle opportunità di flessibilità del lavoro si allinea con le percentuali di dislocazione? Quasi il 16% degli intervistati dichiara di essere dislocato dall'inizio della pandemia. Quasi il 44% ha dichiarato di avere in programma un trasferimento - il 12% entro i prossimi 12 mesi e il 31% in futuro, mentre il 41% di non avere intenzione di lasciare la propria sede attuale.
Maggiore flessibilità nel lavoro significa maggiore dislocazione? Il sondaggio suggerisce che è una conclusione troppo semplicistica. Le persone non prendono in considerazione la dislocazione solo perché la tecnologia lo permette. Forse l'esperienza del Covid ha fatto loro rivalutare le priorità del loro stile di vita? Il 28% degli intervistati che ha preso in considerazione la dislocazione sostiene di essere alla ricerca di una casa più grande o di una casa con giardino; il 26% vorrebbe stare più vicino alla famiglia e ai propri cari; il 22% è attratto dall'idea di vivere a più stretto contatto con la natura.
Un quadro altrettanto complesso delle aspirazioni post-Covid è emerso quando abbiamo chiesto agli intervistati come la dislocazione cambierebbe le loro condizioni di lavoro. Solo il 24% ha dichiarato che accetterebbe la dislocazione unicamente per una posizione equivalente, mentre il 37% cercherebbe un lavoro in un altro settore. Quasi il 50% degli intervistati ha dichiarato che la dislocazione farebbe aumentare lo stipendio. Altri non cercano una promozione o addirittura un nuovo lavoro, compreso il 25% che sarebbe disposto a riprendere il percorso di istruzione o di formazione a lungo termine.
Tra un anno, dovremmo avere un'idea più chiara se le aspirazioni di dislocazione sono una reazione a breve termine allo stress causato dal Covid o una conseguenza a lungo termine del boom del telelavoro. Nel frattempo, questo sondaggio suggerisce che la qualità della vita e le considerazioni sullo sviluppo della carriera sono alla base del desiderio di dislocazione tanto quanto le pratiche di lavoro flessibile.